Il diritto allo studio è un diritto soggettivo che trova il suo fondamento nell’art. 34 della Costituzione, nel quale si afferma che “la scuola è aperta a tutti” e si sottolinea il diritto dei capaci e dei meritevoli, anche se privi dei mezzi adeguati, di raggiungere i più alti livelli nello studio. Inoltre, per assicurare a tutti l’uguaglianza dei punti di partenza, nell’art. 3, si afferma che compito della Repubblica è quello di rimuovere qualsiasi ostacolo “di ordine economico e sociale” che possa impedire il “pieno sviluppo della persona umana”.
Alla luce di quanto affermato, sono state emanate, negli anni, diverse norme a sostegno del diritto allo studio per alunni disabili e stranieri.
 Per quanto riguarda gli alunni disabili:
–   la legge n.517/1977  riconosce agli alunni con handicap psicofisici il diritto all’integrazione scolastica nella scuola elementare e media con il sostegno di docenti specializzati;
–   la legge-quadro n.104/1992 rappresenta un punto di svolta in materia, in quanto, come previsto dall’art.12, tramite Atto di indirizzo del 1994, vengono indicati i documenti di base per la programmazione educativa per il percorso scolastico degli alunni con handicap: la Diagnosi Funzionale, di competenza sanitaria e il  Profilo Dinamico Funzionale, che coinvolge competenze sanitarie e scolastiche, oltre a prevedere la collaborazione dei familiari e di personale educativo dei servizi sociali, se attivato.
Sulla base di tali documenti viene redatto il Piano educativo individualizzato (PEI).
–   Le Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del 2009, contengono una serie di direttive che prevedono la realizzazione di azioni e compiti che è cura del DS garantire e che hanno lo scopo di migliorare il processo di integrazione degli alunni disabili;
–   Il D.lgs. n.66/2017, uno   dei decreti attuativi della legge 107, che rappresenta una sorta di nuovo Testo unico per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, la cui entrata in vigore è prevista dal 1 gennaio 2019 e coincide con la soppressione dell’atto di indirizzo del 1994. La nuova normativa definisce i compiti e le competenze dei soggetti istituzionali deputati a favorire l’integrazione delle persone con disabilità. La diagnosi funzionale e il Profilo dinamico funzionale vengono sostituiti dal Profilo di funzionamento, nel quale vengono indicate le competenze professionali, la tipologia delle misure di sostegno e le risorse strutturali per l’inclusione scolastica. Esso viene redatto con la collaborazione dei genitori del soggetto disabile e la partecipazione di un rappresentante dell’amministrazione scolastica; viene aggiornato al passaggio di ogni grado di istruzione o in presenza di nuove condizioni di funzionamento dell’individuo. E’ propedeutico alla redazione del Piano educativo individualizzato e del Progetto individuale, redatto, su richiesta dell’interessato dal Comune, d’intesa con l’A.S.L. Obiettivo del Decreto n.66 è quello di superare la frammentarietà dei singoli interventi di tipo sanitario, assistenziale e scolastico, considerando il disabile non più come utente di una somma di servizi ma come persona con le sue esigenze e le sue potenzialità da promuovere e valorizzare, in una prospettiva che vada oltre il periodo scolastico, anche attraverso l’orientamento. Il D.lgs. 66/2017 prevede anche dei Gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica.
Il diritto allo studio deve essere garantito anche per gli alunni stranieri:
–   A seguito della Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 e della Circolare Ministeriale n.8 del 2013, nel nostro paese, viene posta maggiore attenzione nei confronti dello svantaggio scolastico e vengono inclusi nell’area dei Bisogni Educativi Speciali tutti gli alunni con svantaggio socio-economico, linguistico e culturale. Gli alunni stranieri rientrano in questa categoria. Essi, nel momento dell’inserimento in classe, presentano spesso difficoltà sia sul piano linguistico che culturale ed è necessario attivare, al più presto, percorsi individualizzati e personalizzati al fine di favorire la loro crescita personale e valorizzare, allo stesso tempo, la loro diversità.
–   “Le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione”  del 2012 rivolgono particolare attenzione agli alunni con cittadinanza non italiana facendo una interessante distinzione tra immigrati di “prima generazione” e cioè coloro che sono arrivati da poco in Italia per i quali l’apprendimento della lingua italiana diventa azione prioritaria e immigrati di “seconda generazione”, cioè coloro che sono nati in Italia, per i quali è opportuno prevedere ulteriori interventi differenziati.
–   “Le Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”, emanate nel 2014, contengono indicazioni utili per promuovere azioni tese a favorire l’integrazione dei suddetti alunni:  una prima azione concreta è l’istituzione di  una commissione di accoglienza che si avvalga dell’aiuto di mediatori culturali o interpreti per superare le eventuali barriere linguistiche e che avvii una fase di orientamento nei confronti delle famiglie degli alunni stranieri, già per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, sottovalutata dalla maggior parte di esse; l’orientamento risulta fondamentale anche per coloro che  devono frequentare una scuola secondaria di secondo grado perché consente di fornire loro indicazioni necessarie sulle diverse opportunità formative proposte affinché scelgano il percorso più adatto alle loro capacità e vocazioni; tutto questo consente di instaurare  un rapporto di collaborazione e di ascolto con la famiglia e realizzare un progetto educativo che valorizzi la specificità dell’alunno.
–   Particolare attenzione deve essere posta nei confronti della lingua italiana e a tal proposito risulta interessante, per quanto riguarda la scuola secondaria, a seguito della Riforma delle classi di concorso approvata nel febbraio 2016, la predisposizione di una classe specifica per l’insegnamento della lingua italiana come seconda lingua. 
Gli alunni stranieri adottati, infine, rientrano nell’area degli alunni con Bisogni educativi speciali e il loro inserimento nell’ambiente scolastico è stato oggetto di un documento ministeriale trasmesso attraverso la nota MIUR 7443 del 18 dicembre 2014. In  questo documento, viene messo in evidenza che, anche se tali alunni non necessariamente presentano delle difficoltà di inserimento nelle classi, a differenza degli alunni stranieri che arrivano direttamente in Italia con le loro famiglie d’origine per cui mantengono vive le loro tradizioni e la loro lingua, gli alunni adottati a livello internazionale non hanno alcuna figura di riferimento e subiscono pertanto un distacco totale dai propri stili di vita senza dimenticare che  hanno, spesso, un vissuto costituito da esperienze sfavorevoli e traumatiche, caratterizzate da abbandono e  rifiuto. Esistono, quindi, delle aree critiche da considerare e sulle quali intervenire in maniera tempestiva: difficoltà di apprendimento a causa di deficit nell’attenzione, nella concentrazione e nella memorizzazione; difficoltà psico-emotive; mancanza di scolarizzazione nel paese di origine per cui spesso non si conosce l’età anagrafica degli alunni in questione; bisogni speciali a causa di significative problematiche di salute o di disabilità; la fase della preadolescenza e adolescenza, età di per sé critica e complessa in cui prevale una tendenza all’indipendenza; apprendimento della lingua italiana in modo “sottrattivo” perché andrà subito a sostituirsi completamente alla loro lingua;  problemi inerenti l’identità etnica per cui la loro originaria appartenenza etnica deve integrarsi con quella della famiglia adottiva.
In tutto questo, è evidente il ruolo fondamentale della scuola che deve, pertanto, porre in essere tutte le azioni necessarie per garantire il diritto all’istruzione, inteso non come semplice frequenza scolastica, ma in senso sostanziale e per promuovere il successo formativo di tutti gli alunni, nessuno escluso, a prescindere da problemi o svantaggi di tipo biologico, fisico e psichico.

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Di salvin