1) La conformazione articolare che determina il limite ultimo oltre il quale non si può andare;
2) La caratteristica dei legamenti di rinforzo della capsula legamentosa che determina una limitazione individuale variabile;
3) La capacità di distensione che hanno i muscoli che passano da un capo all’altro dell’articolazione, ossia l’elasticità.
È chiaro che i legamenti, per la loro natura connettiva fibrosa (ridotta elasticità), pongono un vincolo alla libertà di movimento articolare, ma è pure vero che l’esercizio fisico, esteso a tutta l’età evolutiva, in particolare il lavoro di qualità che solleciti anche le escursioni estreme, determina una più rispondente struttura istologica e crescita del tessuto legamentoso che si adatta alle esigenze di ampiezza richieste. Ciò non significa produrre lassità, ma evitare l’instaurarsi, per carenza di movimento, di una eccessiva rigidità che provoca una ulteriore limitazione aggiuntiva alla sicurezza fisiologica. Lo scopo del corretto esercizio va interpretato come non togliere gradi di movimento alle articolazioni mentre si cresce, senza penalizzare la funzione di legame e stabilità che svolgono i legamenti. La componente muscolare è la più importante perché pone meno limitazione ed è quindi l’unica suscettibile di miglioramento accertabile con la pratica di esercizi fisici. I risultati di corretti esercizi di allungamento possono essere notevoli, per esempio, possono portare un soggetto ad eseguire la spaccata dopo un costante e appropriato programma; mentre un soggetto che non si è applicato ad esercizi di allungamento,  nell’esecuzione della spaccata, prima ancora che l’escursione articolare arrivi ai vincoli legamentosi, avrà un freno al livello muscolare. Questo è dovuto al fatto che l’estensibilità muscolare non dipende tanto da fattori meccanici di allungamento dei tessuti quanto dalla regolazione di tensione da parte del sistema nervoso. Nei muscoli vi sono sistemi di feed-back che regolano l’elasticità muscolare (fusi neuro-muscolari) e tensione (organi tendinei del Golgi). Sono, in pratica, dei recettori presenti nei muscoli e nei tendini che informano sul grado di tensione: nel caso di allungamento eccessivo o brusco, i recettori scatenano una contrazione di difesa detta “riflesso miotatico” per evitare lacerazioni muscolari e tendinee. L’azione dello stretching consiste nell’adattare, progressivamente, i propriocettori muscolari e tendinei ad abbassare il loro livello di allarme, e determinare quindi l’intervento del riflesso miotatico con ritardo e più gradualmente quando si compie un esercizio o in un gesto atletico in cui il muscolo viene sollecitato ad allungarsi. È opportuno, a questo punto, soffermarsi un po’ sulle proprietà del muscolo che abbiamo menzionato, e cioè: tono, contrattilità ed elasticità.
–    Il tono è quello stato di tensione basale del muscolo a riposo, mantenuto da continui impulsi nervosi, che ci permette di vincere la forza di gravità e di mantenere una postura normale;
–    La contrattilità è la capacità che ha il muscolo di contrarsi quando è raggiunto da uno stimolo nervoso. La contrazione è detta isotonica, quando il muscolo si accorcia e determina lavoro, isometrica, quando la resistenza da vincere è eccessiva e quindi si ha uno stato di tensione a lunghezza costante, eccentrica, quando il muscolo si produce forza pur allungandosi (pliometria);
–   La proprietà elastica si traduce nella capacità che hanno le fibre muscolari di subire delle modificazioni della lunghezza e di tornare nella posizione di normalità iniziale. Proprietà determinante nell’azione eccentrica del muscolo presente in ogni disciplina sportiva (frenate, cambi di direzione, salti, atterraggi, ecc…). Emerge, quindi, quanto l’elasticità muscolare sia utile ai fini della mobilità articolare, ed essendo il gesto atletico composto da contrazioni, decontrazioni ed escursioni, si deduce che il miglioramento di queste due qualità sia vantaggioso nella pratica di attività sportiva. Si sa che l’esercizio fisico incrementa il diametro delle fibre muscolari e quindi la forza, ma ne riduce i caratteri di elasticità, importantissima in tutte le attività sportive, ad esempio nella corsa, dove l’incremento della velocità dipende dal passo che, a sua volta, dipende dall’estensibilità articolare, oppure negli sport di potenza, dove la ricerca di una maggiore massa muscolare provoca un più evidente accorciamento della stessa  a discapito dell’elasticità.
Senza trascurare che stretching regolarmente praticato oltre a ridurre la tensione muscolare e a incrementare l’ampiezza del movimento ha anche un effetto preventivo sui traumi che si manifestano nella pratica sportiva, in quanto una muscolatura contratta e squilibrata nei rapporti tra gli agonisti e gli antagonisti è predisposta a disturbi anche in caso di carichi non eccessivi. Ne deriva che è necessario inserire gli esercizi di distensione muscolare e di flessibilità articolare in ogni razionale programma di attività motoria ed è importante rendere consapevoli i nostri a atleti o alunni dei benefici che si traggono dall’esucuzione di esercizi di allungamente eseguiti in modo tecnicamente corretto facendogli capire che lo stretching non è un modo per riempire le fasi di recupero di un allenamento o addirittura un’opportunità di recupero.

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Di salvin